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Robert Auzelle

Séminaire Auzelle


Robert Léon Gaston Auzelle è nato nel 1913 a Coulommiers - piccolo comune agricolo francese del dipartimento di Senna e Marna nella regione deIl’ Ile de France, a sud-est di Parigi (noto per la produzione dei formaggi e per un’antica commenda dei Templari) - e morto a Parigi nel 1983 nell’esercizio delle sue funzioni.

Auzelle era un Architecte diplômé par le gouvernement (architecte DPLG), cioè un architetto titolare di un diploma professionale francese del terzo ciclo universitario di una delle scuole di architettura del settore pubblico, necessario all’esercizio della professione di architetto. Un architetto DPLG può esercitare la professione di architetto sotto riserva di essere iscritto all'Ordine regionale degli architetti, di pagare le quote all'Ordine nazionale degli architetti e di aver sottoscritto un’assicurazione professionale.

All’ Institut d’urbanisme de Paris aveva incontrato il sociologo Paul-Henry Chombart de Lauwe, che probabilmente dovette avere non poca influenza su di lui.




Giacinta Jalongo
La città, l’ «Arturbain» e il «Seminaire Robert Auzelle»

1. La città, si sa, è il prodotto originale e specifico di numerose componenti. Un prodotto, appunto, fatto di case, di edifici pubblici, di chiese, di campanili, di piazze, di segni, di atmosfere, di memoria, di gente che vive in tanti modi diversi, di produzione e di scambi di beni e servizi: insomma di tante cose che amalgamate insieme, formano la città.
Le combinazioni possibili e reali tra gli elementi sono tante; da qui l’estrema varietà degli aspetti sia materiali che immateriali rilevabili nell’ambito delle diverse discipline, e quindi dagli studiosi che delle città si occupano: antropo-geografi, sociologi, storici, economisti, urbanisti, e così via.
Perciò Robert Auzelle, pur avendo avuto una formazione da architetto tradizionale in quanto allievo di Paul Bigot (
gran prix de Rome nel 1900) presso l’ École Nationale Superieure des Beaux-Arts, 1936, considerava l’architettura non come “monumento”, una sorta di monade isolata nello spazio e nel tempo, ma in stretto rapporto con il territorio di appartenenza e i suoi abitanti. Non certo a caso aveva battezzato uno dei suoi principali lavori “L’Enciclopédie universelle de la chose battue”, non facendo naturalmente alcuna distinzione tra architettura e gruppi umani che la abitano. Questo nesso ha dato alla sua opera una dimensione territoriale che supera le divisioni professionali corporativistiche, non per ridurre i saperi, ma per integrare “l’architettura agli insiemi più vasti ai quali essa deve legittimamente sottomettersi”. In effetti fin dal 1938 egli rifletté sul rinnovo urbano, in particolare sul caso dell’îlot 16 (a sud del quartieere Marais, Paris 4).
Il suo approccio all’architettura integrata a un territorio più vasto è divenuto oggi un fatto scontato, ma a quell’epoca, nel contesto dell’
École des beaux arts degli anni sessanta, ove i progetti si situavano ancora nell’universo del foglio bianco e della tabula rasa, era una pratica innovante. Sforzarsi di costituire un insegnamento diverso da quello dell’apprendistato per l’atelier era allora molto raro: sicché Auzelle ha avuto un ruolo di pioniere, di un pioniere che creava un sapere originale fondato sull’inchiesta e l’osservazione del reale, ritrovando i rapporti tra l’architettura e la città.

2.
Robert Auzelle è stato una personalità in un certo senso anomala rispetto ai tempi e alla cultura del tempo in cui ha vissuto. Teorico del “lavorare insieme” ha sempre lavorato in equipe sostenendo la tesi che la costruzione della città - la sua organizzazione - richiede la compartecipazione di molteplici competenze, di numerosi esperti, e la necessità di far riferimento a una meta disciplina in cui far confluire saperi diversificati e multiformi, Auzelle va ricordato per i suoi notevoli contributi, soprattutto in campo teorico-pedagogico.
Auzelle aveva una particolare concezione dell’architettura che egli vedeva quale luogo e strumento di comunicazione.
Homme d’étude, il suo motto era: "Toujours apprendrePerché egli era fondamentalmente un pedagogo, ogni sua realizzazione era concepita per aver valore di insegnamento e costituire in sé un esempio. È anche per il suo insegnamento, i suoi interventi pubblici e le sue pubblicazioni (più di cento articoli e conferenze) che ha esercitato una grande influenza in Francia e, in una misura non trascurabile, all’estero.


3. Umanista convinto, le sue convinzioni le aveva per l’architettura come per l’urbanistica: numerose e variegate sono le attività svolte, sia come architetto (o allievo architetto) che come didatta e autore dipubblicazioni scientifico-divulgative. Fin dal suo esordio ha focalizzato la sua attività sulla promozione dell' arte urbana.Sono molte le sue opere di qualificazione e riqualificazione degli spazi urbani, realizzate con grande entusiasmo e con tutte le sue energie: “umanista, attento alla vita e alla condizione del suo prossimo, preoccupato del prossimo quando lavora al progetto…”

Robert Auzelle nel 1962 non aveva alcun dubbio quando diceva che “la felicità individuale è l'obiettivo essenziale ed esclusivo dell'urbanistica”: non ci spingeremo così lontano, ma possiamo comunque tentare di avvicinarci a ciò che appare come il vero scopo della pianificazione e del governo.

4. Auzelle ha lavorato e prodotto sia nel campo dell’urbanistica che nel campo dell’architettura. E qui anche con opere di una certa importanza, come: la pista dell’aeroporto internazionale Tahiti Faa’a (1958), principale aeroporto della collettività d'oltremare della Polinesia francese (situato sull' isola di Tahiti che, oltre a servire tutto l'arcipelago, è anche il principale hub per Air Tahiti e Air Tahiti Nui): di Papeete nel 1951 aveva fatto il Plan Directeur; il teatro Robert Auzelle (1963) e il Centre administratif (1947-1952) a Neufchâtel-en-Bray - comune francese dell'Alta Normandia, di cui nel 1951 elaborò anche il Piano -; il progetto dei Jardins des Bronzes (1980-82) del barone di Coubertin a Saint-Rèmy-lès-Chevreuses (regione dell'Île-de-France): una grande ”sala di esposizione en plein air” della scultura in bronzo, che completerà poco a poco la sua collezione definitiva: un insieme di grandi bronzi che illustrano la scultura in Francia dalla fine del XIX secolo ai nostri giorni.

Ciò senza contare i pregevoli progetti di edilizia pubblica ((cité de la Plaine à Clamart, 1947-1965; quartieri Trivaux, Clamart, 1965-1970; residenze Leclerc, Poitou, Dauphiné, Roussillon e Bretagne nella ZUP di Vélizy-Villacoublay, 1961-1974). La realizzazione del quartier de la Plaine (Cité de la Pleine) a Clamart (1947-1953) è la più eloquente contro-proposta alla politica dei grands ensembles. L’interesse della realizzazione è ch’essa illustra le teorie elaborate in quest’epoca da Robert Auzelle, a partire dalle ricerche che conduce al Centre d’études della Direction dell'aménagement du territoire (ministère de la Reconstruction et de l’urbanisme), in materia di insediamento degli edifici pubblici ad uso di abitazione: separazione tra costruito e trama, sistemando l’insediamento degli edifici in funzione dell’allineamento delle strade e indicando la gamma completa delle abitazioni.

Nella parte agricola del territorio di Clamart, abbastanza isolato, si pensa di creare un vero e proprio quartiere, abbastanza denso per giustificare l’installazionedi attrezzature durevoli (23475001967., Auzelle forma un’equipe con gli architetti E.échaudat, A.R. Gervaise e A.é e l’ingegnere Monvoisin e mette a punto un’ «polyphonique» della concezione. Sul terreno di 32l’equipe elabora un piano di circolazione, uno schema di vegetazione (manti di verde, cortine di alberi, siepi e spazi di gioco), e principi di insediamento degli edifici: alcuni, più alti, tagliano i venti (sensibili su questa pianura) e creano con gli alti alberi delle zone protette. Altri alberi, bassi,creano spazi più raccolti, dei quali uno piccolo, destinato alle persone anziane e chiamato «béguinage». Il piano planovolumetrico non si limita quindi alla soluzione di un problema estetico ma intende regolare numerose altri modi di vita nel territorio della città.

5.
Robert Auzelle aveva, per così, dire una mentalità ingegneresca (va ricordato, tra l’altro, che dopo la seconda guerra mondiale, in occasione della campagna di ricostruzione che seguì la liberazione delle Francia, aveva scelto la funzione pubblica), un atteggiamento rigorosamente scientifico. Lo si riconosce dalla sua “Encyclopedie de l’Urbanisme” - Documents d’Urbanisme en Planches, 30 fascicoli apparsi nel 1947 - pubblicata nel 1956 con Ivan Jankovic, in cui egli si occupò della diffusione di modelli di assetto urbano, mettendo a punto un metodo di lavoro che poggia su una precisa base documentaria. Il che permetteva agli studenti di disporre di un album di tavole comparative di elementi, attinti da tutte le epoche, ma rappresentati nella stessa scala, in modo da avere a disposizione una varietà di tipologie, di forme e invenzioni, da tenere presenti nel processo di elaborazione dei propri studi.
Tra le tante schede elaborate nell’ Encyclopédie, Robert Auzelle si identificava in quella sulle piazzeforti frontaliere di Vauban: lo testimonia la scheda sulla piazzaforte di Neuf Brisach, certamente rappresentativa del metodo di Auzelle, urbanista e servitore dello Stato come Vauban, e come lui amministratore rigoroso, autore di rapporti di una grande precisione. La città di Neuf Brisach è retta da regole di composizione come tutte le città di Vauban: racchiude una grande piazza centrale sulla quale affacciano i principali edifici; gli isolati ben proporzionati realizzano un equilibrio tra la geometria del tessuto urbano e quella delle fortificazioni.Una didascalia descrive il processo di concezione del dispositivo della piazzaforte: potere di fuoco, numero di bastioni, effettivo di guarnigioni (ordinaria e di dotazione), popolazione necessaria di abitanti e di artigiani per mantenere e nutrire i soldati, ecc. Il programma ne enumera semplicemente i bisogni illustrando bene la metodicità dell’approccio.

6.
Robert Auzelle è definitivamente emerso come urbanista nel panorama della cultura del tempo alla fine degli anni trenta, lavorando al progetto per la riqualificazione del quartiere del Marais (1939-1943) - una delle poche zone centrali della città a non avere subito le trasformazioni ottocentesche del barone Haussmann mantenendo l'architettura pre-rivoluzionaria, Progetto concepito con tre associati sotto l’egida di Gaston Bardet, nell’ambito dell’Atelier supérieur d’urbanisme (ASUA), che rappresentava la transizione tra un’osservazione sensibile ma intuitiva della città e del suo sviluppo con un approccio statistico di cui rifiutava gli eccessi.
Anche se non ne parla molto, Auzelle insiste molto, ed è uno degli aspetti più interessanti del suo lavoro, sulla contraddizione tra la necessaria modernizzazione della città antica - al di là dei soli quartieri insalubri - e la conservazione degli edifici e delle città. Dalla fine del XIX secolo, alcuni responsabili politici sottolineavano il conflitto tra la legge sui monumenti storici e quella sugli allineamenti: la necessità
introdotta da Auzelle consiste nel proteggere non solo gli edifici considerati come interessanti in sé stessi, ma anche ciò che egli chiama “immobili che formano un insieme e contribuiscono alla valorizzazione di un sito assimilabile a un sito naturale” (riferimento alla legge sulla protezione dei siti del 1930, quando si era obbligati ad assimilare gli insiemi storici urbani a siti naturali: bisognerà attendere la legge sui settori di salvaguardia per pensare ai siti artificiali - con questo modo di pensare e di vedere le cose Auzelle è stato l’araldo nel sistema francese.
Egli avrebbe preferito usare il termine “
rénovation” anziché il termine “couretage”, anche se alla fine è questa la parola, abbastanza brutta ormai in uso. Il termine rinnovamento, è stato impiegato per operazioni molto più brutali. Nel vocabolario corrente - rénovation - significa distruzione totale, mentre invece per Auzelle si trattava di un’operazione molto più leggera. Per lui il couretage doveva essere un rinnovo, più che la demolizione, la conservazione; esso consisteva nello sbarazzare le corti interne dagli appesantimenti che le attività commerciali e artigianali vi hanno apportato con lo spicconaggio dei cortili, il ripristino dei giardini e anche l'apertura di passaggi pedonali pubblici all'interno degli isolati.
L’idea che alcune distruzioni all’interno degli îlot permettono di conservare degli insiemi storici e di dar loro una migliore igiene comunque era nell’aria da tempo: anche altri vi pensavano. Essa corrisponde pressappoco al diradamento di Gustavo Giovannoni, che consiste nel togliere ciò che è troppo perché la cosa viva bene e che potrebbe approssimativamente tradursi con
élagage (traducibile in italiano con sgrossatura, sbarazzamento). Quest’idea ha probabilmente permesso di evitare la demolizione dell’ îlot insalubre n.16 nel Marais, assegnato al suo gruppo, e ha salvato il quartiere da una distruzione quasi totale, anche se tuttavia essa ha avuto degli effetti perversi, come testimonia l’îlot dei Jardins Saint Paul, dove la cancellazione del particellare e la sparizione degli spazi privati nel centro dell’ îlot ha creato una certa confusione tra spazi pubblici e spazi privati. Gli schizzi di Auzelle mostrano, al contrario, come questo couretage avrebbe dovuto ridare una forma agli îlot aprendoli seguendo precise regole. Lo stesso dicasi per Tours, dove delle trame distribuite un poco a caso rimpiazzano immobili distrutti e dove le corti interne, gli spazi pubblici e privati si sovrappongono in maniera indeterminata. Questi esempi mostrano come un’idea debba essere considerata, controllata, sorvegliata e che, anche se eccellente nelle intenzioni, può abbastanza rapidamente deviare in maniera criticabile; il fatto di mantenere solo la facciata procede, tutto sommato, dagli stessi principi.

7. E’ partendo dalle problematiche del Marais che Auzelle comincia sempre più a pensare di sostituire il termine “logement insalubre” con il termine “habitat defecteux” e da allora ci ritorna più volte. Risalgono rispettivamente al 1950 e al ’51 lavori quali: “Recherche d’une méthode d’enquete sur l’habitat défecteux” e “Enquêtes sur l’habitat défecteux – défection et exploitation” (contributo al “Destinée de Paris” = “Destino di Parigi”)
Porre la questione dell’alloggio insalubre equivaleva a suo avviso a limitarla a un’entità isolata, senza tener conto di ciò che contorna o che costituisce l’habitat. Mentre porre il problema in termini di habitat inadatto per abitazione significa allargare agli aspetti che non interessano soltanto l’architettura o le condizioni igieniche
stricto sensu, ma anche ad altri campi dell’architettura e dell’urbanistica ponendo nella sua totalità la questione dell’assetto urbano.
Perciò, Robert Auzelle, per il quartiere del Marais, coerentemente con le sue idee, proponeva l’intervento sull’intero îlot 16 e non su singole particelle: con lo spicconaggio del cortile, il ripristino del giardino e l'apertura di un passaggio pedonale pubblico all'interno dell’isolato.


8. Nella pratica, il concetto di habitat défectueux fu da lui utilizzato praticamente nel 1945, quando fu nominato “urbaniste en chef” alla direzione dell'Aménagement du territoire (DAT) al ministero della Reconstruction in Bretagna: “chargé de mission”, aveva animato e consigliato gli architetti e gli amministratori locali per l’elaborazione dei piani di ricostruzione e di assetto delle città francesi distruttedalla guerra, mettendo a punto un metodo per valutare il grado di insalubrità degli edifici e per meglio conoscere il livello di vita degli abitanti al fine di disporre di elementi di informazioni preliminari alla decisione di conservare, migliorare o demolire. E’ qui che lavorò al concetto di "habitat défectueux", ma le sue funzioni lo condussero in particolare a realizzare i piani direttori di Quimper (1947) e di Papeete (1950).

E da questo momento che egli ormai dedicherà una parte essenziale delle sue attività alla ricerca e alla diffusione di principi e metodi per essere utile a un’ urbanistica che egli definisce come: "un’organizzazione corretta dello spazio”.
"cherchait à donner des règles méthodologiques sérieuses dans l’étude des plans d’urbanisme et non pas de simples règles administratives.(Robert JOLY)

Urbanista e architetto, con il suo piano per Neufchâtel-en Bray (1951) getta le basi di un piano tipo della ricostruzione: gli edifici pubblici sono raggruppati attorno ad una piazza organizzata e strutturata a livello paesistico.

10. Accanito sostenitore del “lavorare insieme”, Auzelle, dal 1963 al 1965, lavora alla revisione del PRG della città di Genova con Astengo, Coppa, Cerutti e Fuselli. In questa sede elabora le prime ipotesi di recupero a funzioni urbane dell’area del porto antico proponendo la dismissione dell’uso commerciale del porto e la creazione di un water front (idea molto avanzata per i tempi di cui occorreranno alcuni decenni di una lenta maturazione del consenso e della condivisione della città perché si passasse ad una fase creativa. A poco a poco il binomio waterfront e Centro storico si è consolidato e ha ottenuto consenso anche in molte forze politiche e sociali legate al modello di città operaia. Il percorso è stato lungo e travagliato, non esente da difficoltà, ma ha prevalso e si è rivelato vincente. Occorre infatti considerare che le prime ipotesi sulla dismissione dall'uso commerciale del porto antico vennero formulate nella prima metà degli anni Sessanta l'urbanista francese Robert Auzelle che fa parte della commissione incaricata della revisione del Piano Regolatore Generale (PRG) della città e che occorsero alcuni decenni di una lenta maturazione del consenso e della condivisione della città perché si passasse ad una fase realizzativa.
Quando agli inizi della seconda metà degli anni cinquanta Robert Auzelle venne incaricato dal Comune di Porto della redazione del Piano Regolatore, chiamò a collaborare alcuni professionisti della nuova generazione, formando un gruppo di lavoro interessante che, sulla base di attente analisi incentra il Piano sulla nuova viabilità e sul traffico. Il Piano Generale fu suddiviso in sub piani, tra i quali alcuni per l’Avenida da Ponte. E’ un periodo di euforia per i viadotti e le gallerie e i progetti per l’Avenida da Ponte propongono tutti, seguendo un orientamento anche di Auzelle, la costruzione di un viadotto che doveva saltare l’avenida collegando direttamente l’area della Cattedrale al resto della città. Ma questa idea dagli organi competenti fu giudicata come aggressiva del paesaggio e fu invece accettata la soluzione di Alvaro Siza, che prevedeva sensi di marcia unici e senza viadotto, sistema ancora oggi in funzione, ma non si sa fino a quando funzionale.

11.
Auzelle s’interrogava sempre sugli aspetti teorici. Non si accontentava di trovare soluzioni a dei casi che l’urbanistica doveva affrontare, ma si sforzava di elevare un certo numero di problemi al rango di problematiche e di trattarle in quanto tali. Lo ha fatto specialmente partecipando al Centre d’études che ha creato e animato per una decina d’anni. Era un luogo ove si mettevano a punto numerosi elementi dottrinali, come elementi più pratici – di cui si dovrebbe fare la storia – : il quadrante solare, l’eliotermismo, l’orientamento degli edifici in rapporto al sole, il maquettoscope (che permetteva per la prima volta di fotografare gli spazi all’interno dei modelli (plastici) di insiemi suburbani, che egli ha utilizzato per ii suo progetto sulla cintura di Parigi e che è ricomparso negli anni settanta quando Van Treek ha concepito l’insieme degli Orgues de Flandre (Paris,19°).
Fondatore assieme ad André Gutton del Seminario Tony Garnier nel 1961, Robert Auzelle, come Goutton, è sempre stato convinto della necessità di una formazione incentrata sulla pratica. Così insieme hanno proposto programmi imperniati sul reale volti a simulare le condizioni che dovevano incontrare i futuri urbanisti nell’esercizio della loro professione. Nell’ambito di questo Seminario, Auzelle ha potuto familiarizzare gli studenti con i metodi e le idee ch’egli stesso ha applicato nel corso della sua lunga carriera.

12.
In qualità di Vice-presidente del Centre d’études presso la Direzione generale dell’urbanistica, il suo obiettivo è stato quello di mettere a punto un metodo e un insieme di regole comuni di intervento in materia di urbanistica, per rendere più omogeneo l’intervento degli operatori nei differenti dipartimenti, e perfino di assicurare loro una formazione.
“L’assioma di base del suo metodo consisteva nel ripetere che l’architetto-urbanista non era un “deus ex machina”, che egli non era affatto onnisciente. Era assolutamente necessario che egli si appoggiasse su saperi diversi da quelli strettamente architettonici”.
Quando il progetto di sistemazione della Défense prende una forma definitiva nel 1958, con la creazione dell’EPAD (Établissement public pour l'aménagement de La Défense, traducibile in "Istituto pubblico per la sistemazione de La Défense") M. André Prothin, direttore, constatando l’anacronismo del piano planovolumetrico iniziale fatto nel 1956, chiede a Robert Auzelle un nuovo studio che egli realizza in collaborazione con Ivan Jankovic. Attualizzando il progetto della Défense egli comincia a far ammettere il principio della differenziazione della circolazione automobilistica e della piastra pedonale (il ruolo di Robert Auzelle alla Défense appariva considerevole per l’influenza che sapeva esercitare sui responsabili politici del progetto) e, convinto della necessità di installare a la Défense un centro culturale prestigioso, elabora con Hector Patriotis, tra il 1969 e il 1972 un progetto per la tête Défense, che doveva far emergere interamente la vista sulla capitale: da una collina di gradini, si sarebbe abbracciata Parigi con un solo sguardo (tête de la Défence, in cima alla quale è stata poi realizzata la Grande Arche).



13. In conclusione si deve dire che Robert Léon Gaston Auzelle, architetto e urbanista, non ha aperto solamente numerose vie di ricerche e di studi, ma ha portato anche un esempio di ciò che l'esigenza della qualità poteva significare di investimento personale per tutta l’umanità. E’ come se avesse costruito una collina di gradini da dove abbracciare tutta la realtà.

dal numero 6 della rivista internazionale di cultura urbanistica TRIA


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